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quinta-feira, 1 de novembro de 2012

CAMMINO ASCETICO E MISTICO DELLA MADRE SPERANZA

CAMMINO ASCETICO E MISTICO DELLA MADRE SPERANZA
Mario Gialletti fam
Il relatore al quale sto per dare la parola è padre Mario Gialletti fam, che, credo, non abbia bisogno di presentazione. Chi frequenta con assiduità il Santuario sa che padre Mario Gialletti ha raccolto costantemente tutta la documentazione storica relativa alla vita della Madre; attualmente è Presidente della Commissione Storica per il Processo di Canonizzazione della Madre.
Nel suo intervento egli ci aiuterà a conoscere la vita ascetica e la vita mistica di Madre Speranza.
Ho lavorato per alcuni anni per il processo di canonizzazione della Madre e ho avuto modo di conoscere e approfondire un ricco cammino ascetico e mistico che la Madre ha percorso nella sua vita. Un cammino che è l'unico termine di misura della sua grandezza; anche la Madre - come lo è per tutti i santi - è grande e da ammirare non per le opere ammirevoli che ha fatto, non per le cose strepitose che in alcune circostanze ha potuto compiere, non per i «miracoli» che le si attribuiscono, ma è grande solo per quello che è nella sua vita, nella sua capacità di amare, di volere, di pensare, di essere; tutte le altre cose (e non solo i miracoli) le ha fatte solo il Signore, ma il Signore le ha potute fare, servendosi di lei, solo perché essa si è lasciata plasmare dalla Sua volontà divina e ha collaborato all'opera con la quale Dio la chiamava a realizzarsi nella santità.
Ascetica e mistica non sono due realtà staccate e indipendenti tra loro; tutte e due trattano del cammino dell'uomo verso Dio nel tendere alla santità; tutti gli uomini sono chiamati a tendere alla perfezione.
Guardando questo cammino, l'ascetica si sofferma di più a considerare l'impegno e lo sforzo che l'uomo fa per adeguarsi a questo cammino; mentre la mistica si sofferma di più a vedere l'opera di Dio, l'iniziativa di Dio, le occasioni che Dio offre all'uomo e la pedagogia che Dio usa per aiutare l'uomo a fare questo cammino.
«La mistica consiste - secondo il padre Gabriele di S. Maddalena - nella misteriosa operazione dello Spirito Santo nell'anima, con cui egli la conduce ad un nuovo modo di conoscere e di agire, superiore a quello ordinario e che deriva... dall'amore passivo suscitato nell'anima dallo Spirito Santo... Questa ispirazione conduce... ad un nuovo modo di conoscere più adeguato alla realtà divina che non la conoscenza concettuale ordinaria... Perciò, invece di nuovi concetti, nasce nell'anima un inesprimibile senso di Dio».
A Dio che invita e che offre occasioni e aiuto per entrare in questo cammino, l'uomo resta libero di aderire o di opporsi, può collaborare o frenare o ostacolare questo progetto di Dio.
Appare evidente, quindi, che non si può confondere la vita mistica con alcuni fenomeni così detti paramistici, come sono le visioni, le estasi, le locuzioni, le bilocazioni, le stimmate, ecc; questi fenomeni non sono costitutivi della vita mistica; alcune volte possono accompagnare la vita mistica, ma ci può essere vita mistica anche senza questi fenomeni.
a) Da qui ne viene che un cammino verso la santità, nel suo aspetto mistico, può essere impedito dalla non collaborazione dell'uomo; ed è ciò che succede nella vita della maggior parte di noi tutti.
b) Da qui ne viene che ci può essere ascetica che non arriva alla mistica; ma non ci può essere mistica senza ascetica, perché la mistica presuppone un cammino ascetico molto impegnato e disposto a superare prove non facili. L'ascetica conduce alla mistica.
c) Da qui ne viene che un processo di canonizzazione potrebbe essere condotto in due diverse maniere:
- una analitica, cioè con un esame dettagliato di come una persona ha vissuto le diverse virtù e se le ha vissute in modo eroico;
- una deduttiva, cioè provando che una persona ha avuto dei fenomeni mistici e questo da solo già basterebbe a dimostrare, perché lo presuppone, che abbia avuto anche un serio cammino ascetico con esercizio eroico delle virtù.
Normalmente si preferisce la prima perché è la più facile e la più sicura da provare.
E' necessario conoscere i criteri della vita mistica perché il cammino ascetico e il conseguente sforzo che l'anima mette per tendere alla santità è efficace e autentico solo in misura di quanto si ispira ai criteri della vita mistica, cioè in misura di quanto si orienta e si adegua ai criteri con cui Dio conduce l'anima.
I maestri della vita spirituale paragonano lo sviluppo della vita interiore allo sviluppo della vita naturale dell'uomo. Anche nella vita interiore c'è una infanzia, una giovinezza e una maturità; tre tappe che vengono descritte con nomi diversi: vita dei principianti, dei proficienti e dei perfetti; vita purgativa, illuminativa, unitiva; notte passiva dei sensi, notte passiva dello spirito, ecc o, più semplicemente, prima, seconda e terza conversione.
La prima
conversione avviene quando l'anima si decide per Dio, per esempio scegliendo la vita religiosa consacrata.
La seconda
è «caratterizzata da una specie di strappo, fatto più da Dio che dall'anima, con il quale questa rompe l'ultima difficoltà che le impedisce la dedizione totale a Dio»

. E' caratterizzata da una forma di vita interiore profonda, che favorisce lo sviluppo della Grazia.
La terza
si opera durante la vita unitiva nella quale l'uomo scompare completamente per lasciar posto a Dio.
Nella nostra Madre questo cammino, a nostro conforto, è molto evidente ed estremamente generoso. Vorrei fare appena un cenno del primo periodo dell'itinerario spirituale della Madre, della sua vita ascetica, per poi parlare invece della sua vita mistica, quella che suppone un intervento speciale e misterioso dello Spirito Santo, intervento che purifica, illumina, porta alla conoscenza profonda e misteriosa delle verità rivelate e dello stesso Dio.

Il primo periodo della vita spirituale della Madre
Il primo periodo della vita spirituale della Madre
lo identificherei con gli anni che vanno dal 1914 al 1921, gli anni che la Madre ha vissuto a Villena, religiosa nel Convento delle Figlie del Calvario. Sette anni che fanno molta impressione per il cammino ascetico che la Madre si è proposta.
Partita da casa il 15 ottobre 1914, festa di santa Teresa d'Avila, con l'idea di farsi santa, grande santa come Teresa; nel 1916, prima di emettere i voti definitivi provò la grande paura di non riuscire a farsi santa in quell'ambiente, ricco di austerità ma dove abbondava anche una grossa difficoltà a vivere la carità e la comunione fraterna. Poi trovò la soluzione nella parola di Dio: «Comportatevi come Cristo Gesù: Egli era come Dio, ma non pensò di dover conservare gelosamente il fatto di essere uguale a Dio. Rinunziò a tutto; scelse di esser come servo e diventò uomo tra gli uomini... Abbassò se stesso e fu obbediente a Dio sino alla morte, alla morte in croce...». Fece la scelta di rinunciare a tutti i suoi diritti come persona umana, il diritto a essere amata, compresa, rispettata; scelse con coraggio la parte della serva: poter essere utile agli altri, nella sua comunità voleva essere considerata non più come una persona, ma come una scopa della quale chiunque se ne fosse potuto servire, per qualunque tipo di servizio, trattandola con garbo o no, senza che essa - come la scopa - avesse potuto mai rifiutarsi o sertirsi offesa.
Una scelta decisamente coraggiosa che appare ancora più eroica perché sembra che in questi sette anni di Villena non ci siano stati interventi straordinari da parte di Dio per sostenerla; solo la sua volontà, la sua scelta, il suo coraggio; la sua parte umana che ha scelto un cammino ascetico molto deciso.

Il secondo periodo della vita spirituale della Madre
Proprio su questo cammino ascetico, che potremmo identificare con la prima conversione, si inserisce il cammino mistico con il secondo periodo della vita spirituale della Madre.
San Giovanni della Croce
scrive: «...Cristo è come una miniera ricca di immense vene di tesori, dei quali, per quanto si vada a fondo, non si trova la fine; anzi in ciascuna cavità si scoprono nuovi filoni di ricchezze. Perciò san Paolo dice del Cristo: "In Cristo si trovano nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2, 3) nei quali l'anima non può penetrare, se prima non passa per le strettezze della sofferenza interna ed esterna. Infatti a quel poco che è possibile sapere in questa vita dei misteri di Cristo, non si può giungere senza aver sofferto molto, aver ricevuto da Dio numerose grazie intellettuali e sensibili e senza aver fatto precedere un lungo esercizio spirituale, poiché tutte queste grazie sono più imperfette della sapienza dei misteri di Cristo, per la quale servono di semplice disposizione»

.
Anche la nostra Madre ha vissuto questo periodo che, attraverso la purificazione passiva dei sensi e attraverso la purificazione passiva dello spirito, la porterà all'unione completa con Dio.
La notte passiva dei sensi.
Da come si esprimono i maestri della vita spirituale, da come si è espresso anche san Giovanni della Croce, ogni anima, prima di entrare nella vita mistica, deve passare la notte passiva dei sensi.
Mi pare opportuno ricordare i segni e le prove che accompagnano questo momento per vedere come anche la nostra Madre ci sia entrata in pieno. Secondo san Giovanni della Croce i segni e le prove di questo periodo sono:
- aridità spirituale. L'anima non trova consolazioni sensibili né nelle cose di Dio né in quelle create. Il fatto che l'anima non trovi consolazione nelle cose terrene è una prova che la sua aridità non viene da mancanze commesse.
- ricerca accorata di Dio e sofferenza perché non lo si serve; l'anima si preoccupa perché ha l'impressione di tornare indietro nel cammino spirituale.
- incapacità a meditare in modo discorsivo e ragionato.
- particolarmente provati anche da violente tentazioni, specie sulla carità e la pazienza. Alle tentazioni si aggiungono altre prove come malattia, perdita delle amicizie sulle quali si faceva molto affidamento, e, a volte, anche la persecuzione del demonio che cerca di spaventare l'anima anche con torture fisiche.
Nella Madre ritroviamo molto evidenti questi segni e queste prove: aridità, ricerca accorata di Dio, preghiera affettiva, tentazioni e prove.
Mons. Lucio Marinozzi ricorda quanto la stessa Madre gli raccontò in merito: «... nel primo periodo di vita claustrale fu improvvisamente colta da dubbi contro la fede: tenebre fittissime; era nella persuasione che tutto è vano, che non si dà sopravvivenza dell'anima, che non c'è paradiso, che Cristo non è affatto Dio ma solo un uomo generoso che ha visto crollare tutti i suoi ideali con la morte. Questa suggestione era più forte di lei e la dominava tutta.... La prova durò vari mesi; non le venne però l'idea di abbandonare il convento e ritornare nel mondo; continuò la sua vita di claustrale osservantissima...».
Un giorno la maestra di novizie le chiese cosa avevano letto durante la meditazione. Lei non lo sapeva, perché durante la meditazione «cercava di ascoltare il Signore e gli chiedeva di aiutarla a vedere tutto quello che in lei gli dispiaceva». Evidentemente la Madre era passata dalla meditazione discorsiva alla meditazione affettiva che, secondo santa Teresa, pur non essendo ancora contemplazione infusa, è una preghiera che si avvicina ad essa.
a) Dio provò la Madre con diverse malattie
Nel 1922, a soli 29 anni, dovette essere operata al basso ventre da tumore. Come conseguenza di questa operazione restò nella Madre un'ernia, dalla quale fu operata per altre due volte, nel giro di appena sette mesi e lasciò esiti dolorosissimi.
Dal 1924, forse come conseguenza delle operazioni, ebbe una gastrite che la fece molto soffrire: aveva continui vomiti di sangue, impossibilità di mangiare, perdita della conoscenza, ecc. Il 15 febbraio stava talmente male che le fu amministrata l'Estrema Unzione e il Viatico.
In breve: Madre Speranza è stata la «serva dei dolori». Forse le sue malattie erano misteriose, inviate da Dio per la sua purificazione. Si potrebbe affermare che le malattie e i dolori fortificarono il suo spirito e perfezionarono in lei le virtù della speranza e della fede. La Madre imparó che nella sofferenza dobbiamo porre in Dio la nostra fiducia, la nostra speranza. Rafforzato il suo animo nel dolore, imparerà a valorizzare il dolore di Cristo e ad affrontare le altre prove che le manderà il Signore.
b) Umiliazioni
In questi anni la Madre provò anche terribili umiliazioni, persino la perdita della stima e dell'onore. Lo stesso confessore la volle provare nell'umiltà facendola passeggiare per le strade di Madrid in piena estate con un ombrellone grande come quello che portavano i carri dei vinattieri, così come se fosse il pagliaccio o buffone del circo. Un'altra volta lo stesso confessore, per provarla nella sua vanità, le fece fare, per alcuni giorni, l'ufficio di portinaia nel collegio di Vicálvaro, con l'obbligo di ricevere i visitanti con la pettina sporca di cioccolato.
Non meno grave fu l'umiliazione che dovette soffrire la Madre quando il confessore le fece ricevere alcune persone, che venivano dalla diocesi di Pasto, mangiando un pezzo di pane, come se fosse una stupida.
c) Persecuzioni
Nel 1925 la Madre Speranza fu trasferita a Vélez Rubio, al sud della Spagna. Lí soffrí delle persecuzioni ingiustificate che purificarono il suo spirito. Fu accusata di rubare le cose del collegio. La madre superiora, convinta che fosse la Madre Speranza a far sparire le cose, la fece rinchiudere in una cella di isolamento per sette mesi. La Madre non solo perdette l'onore, essendo stata condannata come ladra, ma soffrí la grave punizione nella completa solitudine. «Passavo le notti — racconta — guardando il cielo e, in quella solitudine, ho imparato ad amare». Commentando ancora questo fatto, essa stessa ancora dirà: «Ho sofferto molto al vedere che ero accusata di cose che non avevo neanche pensato. La mia natura ribelle mi spingeva a scusarmi ma, fissando lo sguardo sul Crocifisso, trovavo forza per non farlo. Mi vedevo disprezzata da tutti, sola, senza affetto di nessuno, privata anche del necessario e nello stesso tempo ero felice, molto felice senza staccare lo sguardo dal Crocefisso che mi dette la forza per tutti quei sei mesi di isolamento.»
d) Privata della presenza di Gesù
Racconta la signorina Pilar di aver sentito dalla Madre che la prova più grande fu la mancanza delle consolazioni divine. Gesù, che si faceva spesso presente durante il momento di sofferenza, si occultò per ben due anni e fu grandissimo il dolore della Madre perché pensava di essere colpevole e indegna della presenza di Gesù. Fu così grande la sua pena e pianse tanto da rimanere quasi cieca. Sarà questo il motivo per cui dovette mettersi gli occhiali? Questa prova è documentata anche dalla corrispondenza che la Madre aveva con il Padre Postius, il direttore spirituale che le aveva imposto il vescovo di Madrid.
Il 3.III.1931, riferisce al padre Postius che l'anno 1930, era rimasta sola nel portare avanti l'opera della fondazione della congregazione, senza avere neppure il conforto della presenza di Gesù: «la bufera aumentó e il buon Gesù non si fa più vedere». Nel dicembre dello stesso anno 1930 la Madre soffre ancora perché Gesù non si fa presente. L'assenza prolungata di Gesù preoccupa la Madre, la quale scrive angosciata al direttore spirituale: «...Io non posso neanche pensare che Gesù non verrà più!... non può essere che mi lasci sola in questo pantano...!»
. A marzo dello stesso anno, anche se privata della presenza di Gesù, la Madre accetta questa prova e scrive al direttore spirituale: «Io seguo come sempre, nel buio; ma non perdo né la fiducia né la pace... son certa che Gesù, anche senza farsi vedere, mi protegge continuamente.» A volte si scoraggia perché pensa che senza la presenza di Gesù lei non può portare avanti l'opera e teme di sciupare tutto, come scrive al padre Postíus il 25 ottobre, lagnandosi che Gesù si era nascosto da undici giorni. Il direttore spirituale la invita a saper accettare queste assenze di Gesù con rassegnazione ed essa risponde dicendo la sua paura di fare errori da sola. Anche lo stesso Gesù la invita a maturare, a saper prescindere dalla sua presenza.
e) Perdita delle amicizie
La madre aveva posto tutta la sua fiducia nel padre Antonio Naval, suo confessore. Quando il buon Gesù le chiese di fondare una nuova congregazione, fu il padre Naval ad incoraggiarla. La Madre si sentiva forte e sicura seguendo i suoi consigli. Il padre le aveva promesso di non abbandonarla mai. Pochi giorni dopo il povero padre, dovette comunicare alla madre Speranza che non poteva più aiutarla, perché il vescovo glielo aveva proibito. Così la Madre si vide sola, perseguitata, scomunicata dal vescovo di Madrid, osteggiata dalle superiore che vedevano nel suo gesto una disgregazione della propria congregazione. Un'immensa tristezza invase l'anima della Madre, ma, sicura della volontà del Signore, imparò a porre in lui solo la sua fiducia.
La notte passiva dello spirito.
Santa Teresa, parlando di questa notte, nella sesta mansione, afferma che se l'anima fosse a conoscenza di quello che deve soffrire non troverebbe forse la forza di affrontare tale purificazione. Tra le altre prove, e non è questa la più grave, vi sono gli scherni di coloro che riteneva amici: dicono che «vuol farsi la santa»; «che fa tutto il possibile per ingannare il mondo e per rovinare la gente». Gli amici più intimi e i collaboratori più stretti l'abbandonano. Diventano anzi i più accaniti contro di lei; arrivano a dire che è un'anima dannata, che è una persona ingannata, che son cose del demonio, che inganna confessori, ecc. A queste sofferenze si aggiunge la guerra del demonio, al quale Dio permette di provare l'anima. «Sono molte - prosegue santa Teresa - le cose che la fanno soffrire con una oppressione interiore così sensibile e intollerabile da poterle paragonare solo alle pene dell'inferno...»
.
Si direbbe che questa è una descrizione delle sofferenze sopportate dalla Madre durante la notte passiva dello spirito, nella quale - probabilmente - la Madre è entrata verso la fine dell'anno 1939 e che la accompagnerà per 12 o 13 anni, fino all'aprile del 1952.
Le prime sofferenze arrivarono alla fine del 1939, quando diverse religiose che l'avevano seguita lasciarono la Congregazione. Calunniata e derisa dalle sue più strette collaboratrici, da sacerdoti e perfino da vescovi, è portata come una rea davanti al tribunale del Santo Ufficio e sospesa dall'incarico di superiora generale. Il giorno 11 aprile l941, giovedì santo, sente l'abbandono di Cristo nell'orto del Getsemani. Come Lui, si sente perseguitata da tutti e accetta con serenità la sentenza che sta per emanare il Santo Ufficio. Mentre assisteva agli uffici nella parrocchia, disse a Gesù: «Le autorità della mia madre Chiesa si stanno occupando tanto in questo tempo di questa povera creatura; che ne sarà della mia amata Congregazione? Il mio cuore arde del tuo amore e con Te, Signore, io aspetto tranquilla la sentenza che avrei desiderio mi fosse comunicata proprio oggi, giovedì santo, per essere condannata come Te, proprio in questo memorabile giorno»
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Ed infatti, lo stesso giorno le fu comunicata la sentenza: il Santo Ufficio la destituiva dai suoi attributi di superiora generale. Grande fu il suo dolore; lo sopportó con serenità; si propose di occupare la cella più umile e di dedicarsi ai lavori propri delle suore converse, mentre chiede perdono per i suoi persecutori
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A Roma, nell'anno 1942 soffrì per una gravissima malattia che i medici ritenevano mortale. Sopportò con pazienza il dolore ed era disposta a morire. Il 29.VIII.1944 perdette la sua amica intima, Pilar De Arratia, l'amica più cara che era stata il suo sostegno: la metà della sua anima, come diceva Sant'Agostino quando perdette un suo amico. La Madre non ha più una persona con cui confidarsi. Dovrà riporre in Gesù tutta la sua fiducia.
A queste tribolazioni bisogna aggiungere le sofferenze interiori, più dolorose ancora, che purificano e temprano l'anima della Madre. La tristezza dell'anima, le pene interiori proprie di coloro che attraversano la notte oscura dello spirito, cominciò a sentirle la Madre nel 1940. Nel mese di febbraio di quell'anno scriveva: «Oggi, Gesù mio, con il cuore pieno di dolore, mi sono dimenticata che per vivere felice in questo esilio il rimedio migliore resta solo quello di amare la croce, che è la cosa che mi fa più simile a Te... Con l'aiuto del buon Gesù e per Lui io devo vivere soffrendo e morire amando, consumata dal fuoco dell'amore»
. Gesù non si fa più vedere e lei soffre perché ritiene che le si nasconda a causa dei suoi peccati. Il 4 ottobre rivolge a Gesù questa bellissima preghiera: «Ti cerco, Gesù mio, e non ti trovo; ti chiamo e non ti sento!... Che tormento, Gesù mio! Che martirio! solo Tu lo puoi apprezzare...».
Solo nel 1952, dopo una lunga serie di prove e sofferenze, quasi all'improvviso ci troviamo con una sorpresa. Scrive infatti il 4 aprile 1952: «Oggi posso dirti che mi sento felice, tanto felice, perché mi hai detto che finalmente ho acquisito quell'atteggiamento che Tu desideravi da me o, meglio detto, che Tu hai infuso in me ed è che io pensi sempre solo a Te e che il mio cuore e la mia mente siano fissi sempre in Te e che niente e nessuno mai mi possa distrarre da Te...». Come si vede, c'è stato un cambiamento radicale. La Madre ormai si sente tutta del Signore. Cristo si è impadronito ormai della sua volontà. E` arrivata a quell'unione totale che tanto desiderava.

Il terzo periodo della vita spirituale della Madre: l'unione trasformante.
Santa Teresa parla a lungo dell'unione trasformante dell'anima con Dio e degli effetti che causa in essa. Secondo Santa Teresa di solito c'è una visione splendente di Cristo glorioso. Dio fa capire all'anima il mistero della Santissima Trinità e tramite una visione intellettuale le fa capire che tutte e tre le Persone abitano nel centro più profondo dell'anima. L'anima vive sempre alla presenza della Santissima Trinità e, appena libera dalle sue occupazioni, passa il tempo in loro dolce compagnia.
Gli effetti che provoca nell'anima sono diversi.
Il primo effetto è un dimenticarsi completamente di se stessa: pensa soltanto alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime. Sembra che abbiano fatto effetto le parole dette da Dio all'anima e cioè: lei pensi alle cose di Dio che Lui penserà alle cose sue; l'anima dimentica tutto, vuol essere «nada en nada».
Il secondo effetto è un grande desiderio di patire, ma senza le inquietudini che aveva prima. L'anima desidera soltanto fare la volontà di Dio. Di nulla si lagna, nulla chiede. Accetta tutto con grande tranquillità come volontà del Signore. L'anima prova una grande felicità e una grande pace. Riesce non soltanto a perdonare i suoi nemici, ma li ama di amore sincero e desidera le cose migliori per essi. Non ha desiderio di morire per godere della presenza di Dio, ma desidera vivere per servirlo ancora.
Prova anche un grande distacco da tutto. Desidera soltanto essere sola, in compagnia con Dio. Non sente più aridità né dolori, ma una grande pace. Sta completamente assorta nella contemplazione di Dio e non la turbano più i problemi; scrive Santa Teresa che, a suo parere, «Las potencias están como espantadas (como atónitas, pero no suspendidas como en los éxtasis)». Arrivata a questo stato, l'anima ha estasi raramente e, comunque, non in pubblico. É abituata a vedere tante cose in questa dimora che non si spaventa di nulla
.
Leggendo il diario della Madre, si trovano diversi argomenti per poter affermare che fu negli anni 1952-54 quando essa cominciò ad entrare nella vita trasformante, di cui parla santa Teresa. Infatti, trascorre dei periodi con la mente assorta in Dio ed afferma di essere arrivata ad una grande pace interiore, ad una indifferenza totale, fino al punto di non desiderare altro che la gloria del Signore. Basti solo qualche accenno.
Con la mente assorta in Dio.
La Madre é arrivata a tale grado di contemplazione da vivere intere giornate assorta nel Signore, con la mente fissa in Lui, come se le cose esterne non la preoccupassero più. Essa stessa scrive nel suo diario il 1° giugno 1952: «Non so cosa mi stia succedendo, padre mio; mi sento come senza forze, con una specie di nausea o fastidio per tutte le cose che mi circondano; mi sento portata a stare tutto il giorno nella mia stanza, da sola con il mio Dio; devo fare uno sforzo anche per stare con i miei figli e le mie figlie...»
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Due anni dopo la Madre vive ancora in questo stato di assorbimento della mente in Dio, ha paura che si tratti di una trappola del demonio e consulta di nuovo il suo direttore spirituale: «Non so che dirle, padre mio; solo le posso dire che mi sembra di ritrovarmi ogni giorno più immersa in una specie di letargo e, senza rendermi conto, mi si fissano lo sguardo, la mente e il cuore nel buon Gesù; resto come assorta in lui, senza curarmi di quanto succede intorno a me, senza compiere i miei obblighi, camminando per casa senza preoccuparmi di vedere quello che fanno i figli e le figlie...».
Santa indifferenza.
Quando l'anima arriva alla vita trasformante prova una grande pace. Non ha altri desideri che la gloria di Dio; si mostra indifferente di fronte alla morte. A questo stato sembra che sia arrivata la Madre fin dal 1954. Infatti, scrive l'11.II.1954: «Non so cosa mi succede, padre; so solo dirle che già da ieri sento dentro di me una dolce pace. Sento che non desidero altra cosa che dar gloria al Nostro Dio; già da molto tempo avevo il desiderio di poter soffrire o, diversamente, di morire per unirmi con il Nostro Dio, però da oggi, padre mio, per me è indifferente vivere o morire, purché Lui sia contento e sia glorificato; non penso altra cosa che contemplarlo e sento una grande ansia che mi chieda qualunque cosa per potergliela dare».
Assorta nel Signore, ma sempre presente a se stessa.
La Madre fin dal 1976 visse ritirata nella propria stanza, senza occuparsi più dei problemi della congregazione. Parlava poco e sembrava sempre assorta, come se fosse fuori dalla realtà. Agli occhi di un profano poteva apparire come una persona che non avesse più conoscenza. Invece, da quanto affermano i testimoni si rendeva conto di tutto, viveva i problemi della congregazione ma soffriva tutto con santa indifferenza, accettando con tranquillità la volontà del Signore. Non chiedeva le sofferenze, come prima, ma accettava tutto quello che veniva dalla mano del Signore, dalla malattia alle sofferenze.
Io stesso, che ho avuto la grazia di stare per più di 25 anni accanto alla Madre, a proposito degli ultimi anni della sua vita, tra i miei appunti trovo: «Anche quando la Madre poteva dare l'impressione di non riuscire a seguire le cose era semplicemente immersa in Dio e godeva di quella "tranquillità" che ha l'anima che vede le cose in Dio... Anch'io ho potuto costatare infinite volte che anche in quel periodo la Madre era molto presente e a conoscenza di tutto, tanto che a volte, al momento opportuno, dimostrava di conoscere le cose meglio e più profondamente di chi le stava vivendo addirittura».
Conclusione.
Ho cercato di seguire la Madre nel suo travagliato cammino verso la santità e di scoprire, attraverso i suoi scritti e le testimonianze, la misteriosa azione di Dio nella sua anima. Mi pare di poter affermare che, dopo una vita di forte e coraggiosa ascesi nel periodo vissuto a Villena (1914-1921), ha attraversato una lunga notte dei sensi e dello spirito (1921-1952), fino ad arrivare nell'anno 1952 a quella intimità con il suo Dio, la vita trasformante, che le ha permesso, negli ultimi anni della sua vita, di pregustare la serenità e la pace proprie dei beati.
Ringraziamo padre Mario Gialletti che ci ha offerto uno spaccato di storia della vita della Madre e ci ha dato una lezione veramente importante di teologia spirituale. Forse (provvidenzialmente) non ha soddisfatto qualche curiosità religiosa impropria, invitandoci a scendere nel sottosuolo interiore della vita della Madre; un sottosuolo attraversato dall'asprezza, dalla durezza e anche dalla solitudine della prova, che poi ha raggiunto il vertice di un'unione profonda. Padre Gialletti ha insistito molto sul punto d'incontro tra il momento dell'ascetica, in cui l'uomo tende ad elevarsi a Dio, e il momento della mistica, il momento della pedagogia di Dio, dell'inziativa di Dio che va incontro all'uomo; quindi ci ha invitato a rileggere la vita della Madre secondo questo schema classico della teologia spirituale.
Come abbiamo sentito, dopo un primo momento, che si conclude intorno agli anni venti, contrassegnato dalla decisione dell'anima per Dio, segue un secondo momento, una seconda conversione: il momento dello strappo, della necessità della purificazione, caratterizzato dalla notte dei sensi e dello spirito al quale, a partire, dagli anni cinquanta, segue il momento della vita unitiva in cui la Madre, nella sua individualità soggettiva, finisce come per annegare nell'intimità profonda, nella grande pace del rapporto con Dio.
 

 http://www.collevalenza.it/CeSAM/08_CeSAM_0035.htm

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